TECNOLOGIA – LO SMART WORKING AL TEMPO DEL CORONAVIRUS È DAVVERO SMART?
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Questo podcast è per tutti coloro che in questi giorni
stanno facendo smart working.
Bene, a costoro chiediamo: va tutto bene? Vi ritrovate, vi piace, pensate sia una soluzione da adottare più spesso? Lo chiediamo non per farci i fatti vostri, ci mancherebbe. Lo chiediamo perché da queste domande vogliamo far partire un’analisi un minimo approfondita sul significato di smart working.
Smart working = lavoro da casa
Allora, letteralmente smart working significa lavoro intelligente; un po’ meno letteralmente potremmo tradurlo come lavoro agile. Per la legge italiana è «una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa».
Nei fatti, lo smart working è telelavoro, cioè “lavoro da lontano”, normalmente da casa. E in questi giorni di coronavirus, si fa fatica a trovare forme di intelligenza nel lavorare circondati dai figli che organizzano campionati di Playstation urlando come aquile a ogni gol (o che a pallone ci giocano direttamente tra le mura della loro stanza). Si fa fatica con tua moglie che prova a richiamarli all’ordine aggiungendo urla alle urla, o che entra in stanza mentre sei nel pieno di una telefonata e ti chiede quando finisci che lei dovrebbe stirare (naturalmente vale il contrario: è lei che è nel pieno della call e tu irrompi giulivo chiedendole cosa si mangi a pranzo o a cena).
I vantaggi dello smart working
Ecco, di smart in tutto questo c’è poco. Se c’è qualcosa è quick, veloce, ed è sia l’ascesa dei livelli di tensione familiare sia il desiderio di tornare nella comfort zone di nome “ufficio”. Con buona pace dei vantaggi oggettivi del lavorare da casa, e cioè:
- meno perdite di tempo e intoppi con gli spostamenti in auto o altri mezzi (e l’aria ringrazia: basti fare due passi in questi giorni a Milano per respirare profumi di cui s’era persa la memoria)
- più libertà dai controlli (se dopo pranzo hai l’abbiocco, nessuno ti impedisce di prenderti quel quarto d’ora di sonno leggero per mandarlo via)
- più comodità nell’outfit (magari evitando di abbruttirsi nel pigiama: una tuta va più che bene)
- più qualità nel cibo, che è quello di casa tua e non della mensa o del bar di turno (e non si tratta di mangiare primo o secondo: anche un toast uscito dalla propria cucina appena fatto è mediamente migliore di quello che è nella vetrinetta del bar da qualche ora)
Oltre a quelli elencati ce ne sono molti altri. Ma lasciamoli da parte, perché qui conta ribadire che parliamo di telelavoro. Lo smart working è un concetto teoricamente più ampio, in cui potrebbero rientrare soluzioni intelligenti per migliorare la qualità del lavoro anche in ufficio. Facciamo un solo esempio, per non dilungarci troppo: diffondere il più possibile i nidi aziendali gratuiti o a costi contenuti (diciamo così: politici), per aiutare le famiglie senza nonni disponibili o senza risorse per permettersi gli asili nido privati quando i loro pupi sono rimasti fuori dalle graduatorie dei comunali.
E poi nel podcast sentirai…
… come è cambiato lo smart working con il nuovo decreto del Presidente del Consiglio e quali effetti sulla cybersecurity si verificano lavorando da casa.
Buon ascolto!
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